Il coronavirus sta evidenziando le debolezze del federalismo applicato al servizio sanitario nazionale. In una situazione come quella attuale, di massima allerta e attenzione per la tutela della salute pubblica, ha fatto bene il Presidente del Consiglio a richiamare le Regioni. La Lombardia, eccellenza sanitaria, è oggi terreno di larghi profitti della sanitaria privata convenzionata e ha relegato così il servizio sanitario pubblico nell’angolo. Hanno di fatto privatizzato gli utili e socializzato i costi. Nel pubblico tempi di attesa lunghi per gli esami e le visite, nel privato convenzionato un paio di giorni al massimo. Questa la svolta strategica, frutto del governo regionale del “celeste” Formigoni che oggi la Lega di Fontana mantiene in essere. Questa privatizzazione “con paracadute” è stata introdotta anche nel Veneto di Galvan e rigorosamente mantenuta da Zaia. La “colonizzazione” della sanità verrà progressivamente estesa alle altre regioni che i leghisti conquisteranno, coltivando “clientele” riconoscenti. Di fronte alle regioni che nonostante le direttive del Ministero della Salute si muovono in ordine sparso è evidente quanto sia necessario tornare ad un sistema sanitario degno di questo nome. Il coronavirus ha evidenziato i limiti di questo sistema sostanzialmente duale. La delega alle regioni delle materie sanitarie ha di fatto aumentato le disparità e ha ridotto a milioni di cittadini il diritto alla salute. Ideare un nuovo sistema sanitario più bilanciato deve essere un obiettivo prioritario. Il sistema del “medico di famiglia” è forse da rivedere. Ciò che resta del nostro sistema sanitario pubblico è ancora ricco di eccellenze e capacità e deve essere necessariamente valorizzato.