Il futuro è fatto di reti, tecnologia, innovazione. Ma tutto questo è fatto dalle persone. È sulle persone che dobbiamo investire, per diventare grandi.
Viviamo in un momento di grandi cambiamenti: la rivoluzione digitale non è mai cessata e per affrontarla c’è bisogno di restare sempre aggiornati e innovarsi continuamente. Una grande Europa è un’Europa che permette ai suoi cittadini di diventare grandi, per il loro bene e per il bene di tutti gli altri. Come italiani, sentiamo la responsabilità di mettere i nostri talenti in condizione di crescere, muoversi, esprimersi, creare, innovare. Come? Creando reti sempre più efficienti, promuovendo la ricerca e la cultura, non mettendo limiti alla voglia di conoscere. Non è un sogno, è un progetto concreto. Noi lo chiamiamo futuro.
La sfida dell’innovazione e la rivoluzione digitale
L’Unione Europea risulta ancora periferica rispetto alle principali direttrici dello sviluppo tecnologico mondiale degli ultimi anni per l’intera filiera dell’innovazione, nonché alla dimensione strategica dell’IoT e del 5G come presupposti per una società interconnessa, con una tendenza che va assolutamente invertita a pena di perdere centralità e rilevanza nell’arena globale. Esistono comunque molti settori nei quali le applicazioni di intelligenza artificiale e di gestione di grandi moli di dati non si sono ancora espresse appieno e possono quindi rappresentare importanti aree di sviluppo, come ad esempio il settore della meccanica e dell’automazione delle linee di produzione. L’economia digitale e la sharing economy richiedono un livello di investimento infrastrutturale che ci si aspetta arrivi dal settore pubblico che nel lungo periodo sarà difficilmente sostenibile (5G, reti intelligenti, cyber security, interoperabilità dei sistemi pubblici, ecc). Per raggiungere l’obiettivo di creare la nuova economia sostenibile, senza che il settore pubblico diventi il freno e anzi esaltando il ruolo di sviluppo di sistema che può avere, è necessario che le azioni siano ispirate a un unico approccio strategico: dar forza, sostenere e enfatizzare le iniziative della Commissione europea relative al Digital Single Market e alla creazione della Digital Data Economy, stimata in 739 miliardi di euro entro 2020, e un peso pari al 4% del PIL europeo.
Reti digitali europee: più connesse, più sicure
Sempre più il successo della maggior parte delle aziende dipende dal loro accesso al mondo online. Una connettività diffusa e affidabile resta quindi la condizione essenziale per qualunque avanzamento tecnologico ed economico dell’Europa. Gli Stati europei – e in particolare l’Italia – dovranno continuare a investire per il cablaggio 5G, WiFi e Fibra Ottica, in maniera complementare al progetto UE per il 5G, sperimentando anche soluzioni innovative che mettano in rete risorse di connettività comprate dai privati, come nel mondo dell’energia elettrica. Parallelamente va potenziato l’impegno dell’Unione Europea per garantire la sicurezza delle reti e di tutto l’ecosistema digitale europeo, in coordinamento con gli Stati membri per garantire la domanda di prodotti e servizi certificati nei bandi pubblici e certificare standard adeguati all’interno del mercato europeo.
Utilizzare i dati a nostro vantaggio, non contro di noi
Va completato il mercato unico digitale, vanno rimossi gli ostacoli alla portabilità dei dati e definiti standard e protocolli europei per la sicurezza cibernetica e la privacy. È fondamentale sperimentare soluzioni capaci di fronteggiare le concentrazioni di potere informativo in capo a soggetti pubblici e privati. Sul fronte della circolazione di dati e informazione, il principio di portabilità introdotto dalla GDPR è un buon inizio verso modelli di accesso ai dati personali che garantiscano migliore efficienza. Bisogna però andare oltre e stare al passo con le sperimentazioni che sono già in corso nella creazione di veri e propri data trust, mercati di dati o altri modelli che garantiscano al tempo stesso privacy, efficienza economica ed equità. È una sfida che può essere vinta solo a livello europeo.
“Diritto alla scienza”, per trasformare i talenti in innovazione
È l’avanzamento della conoscenza umana il presupposto indispensabile per il progresso dell’innovazione e il miglioramento delle nostre condizioni di vita. Dobbiamo mettere gli italiani e gli europei nelle condizioni di avanzare nella ricerca e di innovare, in tutte le scienze e discipline. Difendere e promuovere il “diritto alla scienza” e la massima diffusione del metodo scientifico, orientando la legislazione affinché accompagni e promuova la libertà della comunità scientifica nell’esercizio responsabile della libertà di ricerca verso nuovi traguardi conoscitivi, e consenta ai cittadini di accedere e beneficiare delle nuove conquiste, eliminando le differenze talvolta significative che ancora persistono tra diversi paesi dell’Unione. L’approvazione dell’accordo generale sulla programmazione UE 2021-2027 Horizon Europe sarà un appuntamento fondamentale per dare ulteriore impulso alla ricerca e all’innovazione in Europa. Ci impegniamo nella negoziazione che si aprirà con la nuova legislatura europea tra il Parlamento Europeo e il Consiglio ad aumentare il bilancio complessivo del programma nonché il peso all’interno di essi dei finanziamenti alla ricerca di base, riconoscendola quale motore fondamentale dell’avanzamento della conoscenza. Dobbiamo raggiungere l’obiettivo di aumentare gli investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo fino al 3% del PIL nazionale. Inoltre ci impegniamo affinché in ambito europeo si adottino ulteriori misure volte a incrementare e promuovere la mobilità dei talenti tra paesi dell’Unione, aumentando borse di studio e semplificando e uniformando le procedure di riconoscimento dei titoli di studio accademici.
L’Europa avanguardia della cultura
I grandi balzi in avanti della civiltà europea sono stati innanzitutto delle rivoluzioni culturali. L’Europa deve continuare a farsi avanguardia e produttrice di cultura in tutte le sue forme, dalle arti al pensiero. Vogliamo che l’Unione Europea riconosca alla cultura un ruolo centrale nelle proprie strategie di sviluppo sociale ed economico, alla pari di altri servizi e beni essenziali come l’istruzione o la sanità. È necessario aggiornare i criteri esistenti per l’assegnazione e l’investimento di fondi europei, cercando di limitare i divari nell’offerta di servizi e prodotti culturali. In fase di erogazione dei finanziamenti europei, è importante che ogni membro dell’Unione – e in particolare l’Italia – riconosca la specificità in termini di accesso al credito e disponibilità di liquidità delle imprese culturali e di altri soggetti del terzo settore, istituendo meccanismi che facilitino la loro partecipazione a bandi e finanziamenti.
Docenti più europei, per una scuola che insegni il futuro
L’apertura dei confini in Europa ha aggiunto negli ultimi anni un ulteriore elemento di separazione tra coloro che sono nelle condizioni di beneficiare a pieno delle nuove opportunità e gli altri. Occorre portare uno sguardo europeo in tutte le scuole per poter aprire a tutti gli studenti le porte dell’Europa. Il modo migliore per farlo è partire dai docenti, deputati ad aprire le menti dei nostri giovani e stimolare la loro curiosità. Occorre rendere realmente possibile una vera “mobilità formativa” dei docenti, consentendo un anno di formazione e apprendimento sul campo da realizzare in un altro paese membro.