Mettere insieme quello che abbiamo a disposizione per stare meglio tutti, nel rispetto delle regole. Perché la crescita sia una regola, e non l’eccezione.
Crescere è più facile, se lo si fa insieme. Il mercato unico europeo ha origini antiche, è nato ancora prima dell’Unione Europea e forse è per questo che un po’ lo diamo per scontato. Eppure i vantaggi sono incalcolabili: la libertà di movimento, la maggiore concorrenza, la possibilità per le imprese di rivolgersi a un mercato di 500 milioni di consumatori. Va ribaltato il modo in cui guardiamo al nostro continente, dando al sud il valore che ha davvero e guardando all’Africa come un’opportunità e non come un pericolo. Unendo le forze potremo finalmente parlare di un mercato all’altezza dell’Europa.
Raddoppiare il bilancio Ue per raddoppiare gli investimenti
L’Unione deve trovare una nuova intesa sulla gestione delle politiche economiche nella quale sia possibile affiancare al criterio della finanza pubblica sana, una visione proiettata verso il futuro che si basi sulla ripresa dell’integrazione e forti investimenti comuni. Le condizioni finanziarie favorevoli dovrebbero essere sfruttate per mobilitare risparmio pubblico e privato verso questi obbiettivi. Serve una capacità fiscale più forte dell’Unione per implementare politiche comuni, dall’istruzione alla difesa, dalla ricerca al controllo dei confini e alla gestione dell’immigrazione. Occorre aumentare la dimensione dei fondi gestiti direttamente e di allargare la capacità di spesa dell’Unione. Oggi l’Unione Europea ha un bilancio pari appena all’1% del PIL europeo. Un’inezia, se paragonato ai bilanci degli Stati nazionali o alle sempre maggiori aspettative di intervento dell’Unione nei più disparati ambiti sociali, economici, ambientali o di sicurezza. Noi crediamo che sia opportuno raddoppiare l’entità del bilancio europeo, sia attraverso una maggiore cessione di risorse nazionali (a parità di pressione fiscale per i cittadini contribuenti) sia con il miglioramento della tassazione a livello europeo delle società, soprattutto nell’ambito del digitale, che operano su più paesi sfruttando regimi di tassazione favorevoli.
Un mercato davvero unico, in tutto e per tutto
Il mercato unico resta incompleto, soprattutto nel settore dei servizi. È necessario applicare con determinazione le norme europee sulla concorrenza per garantire costi minori per i consumatori. Nel settore delle telecomunicazioni bisogna andare verso una maggiore integrazione armonizzando le regole del mercato relativo all’assegnazione delle frequenze per superare l’attuale frammentazione su base nazionale. È urgente completare l’unione bancaria, con il pilastro mancante dell’assicurazione dei depositi, e l’unione del mercato dei capitali, in modo che i grandi eccessi di risparmio possano muoversi a finanziare investimenti produttivi nelle aree ancora in difetto di convergenza. È necessario creare regole comuni a disciplina dei rapporti commerciali tra imprese, per esempio sul tema del riconoscimento e del recupero dei crediti. Le potenzialità del mercato unico dovrebbero essere sfruttate maggiormente anche nell’ambito degli appalti pubblici dei singoli stati nazionali. Per le aziende italiane, l’accesso alle gare di appalti pubblici in altri Stati resta molto problematica.
Un antitrust europeo evoluto per il mercato globale
Sempre in tema di concorrenza, nonostante la Commissione Europea nella sua storia abbia bloccato solo una percentuale bassissima di fusioni tra grandi aziende, il compito principale dell’antitrust europeo (evitare monopoli e garantire che nuovi operatori possano entrare nel mercato nel rispetto delle regole) resta fondamentale. Allo stesso tempo si deve tenere conto che in alcuni settori la dimensione delle aziende europee diventa importante per competere nel resto del mercato globale; vanno fatte quindi valutazioni che tengano in conto anche i potenziali benefici della creazione di campioni industriali europei in alcuni settori strategici.
Reti e infrastrutture per unire le nostre energie
Il mercato unico va attrezzato e arricchito con le infrastrutture e le reti di comunicazione necessarie per la sua effettiva integrazione: dalle reti per il trasporto delle fonti energetiche, a cominciare da quelle a basso impatto ambientale, per diminuire i costi di accesso all’energia in tutti i territori, diversificare le fonti e diminuire la dipendenza energetica da pochi fornitori esterni (come il gasdotto Tap), alle reti ferroviarie ad alta velocità per le persone e le merci – a cominciare dalla Tav Torino-Lione per avvicinare tra loro i cittadini, le imprese e i territori dell’Unione.
Gestione digitalizzata degli appalti pubblici
L’Unione Europea ha un programma per la digitalizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi da parte dei governi che però resta vago sugli aspetti di interoperabilità dei sistemi digitali nazionali, e la cui implementazione è comunque in ritardo. Una vera gestione di appalti pubblici in digitale in tutta UE, con servizi interoperabili, aumenterebbe il mercato interno e quindi le possibilità di partecipare a bandi oltre frontiera. La tracciabilità aiuterebbe a prevenire la corruzione, particolarmente diffusa in questo ambito.
Una politica agricola a misura di impresa
La centralità degli aiuti della Politica Agricola Comune nelle scelte imprenditoriali delle aziende agricole ha spesso effetti distorsivi che devono essere progressivamente ridotti. La politica deve limitarsi a offrire un quadro di regole certo all’interno delle quali le imprese possano operare scelte improntate essenzialmente alla razionalità economica. È necessario un massiccio processo di sburocratizzazione e semplificazione di tutti i meccanismi di erogazione e controllo. Vanno favoriti inoltre l’aggregazione dell’offerta e l’accorpamento fondiario, per superare l’eccessivo nanismo delle imprese agricole e consentire economie di scala più vantaggiose. Va perseguita con decisione la strada dei trattati commerciali come il CETA, che favoriscono la diffusione e la tutela del Made in Italy agroalimentare nel mondo e che hanno il merito di porre condizioni e regole chiare per la protezione dei consumatori e dell’ambiente.
Mai da soli: l’importanza degli accordi commerciali bilaterali
Date le difficoltà di ripresa dei negoziati del WTO, la cui centralità nel commercio mondiale va comunque ribadita e difesa, l’Europa deve continuare a perseguire la strategia bilaterale nei negoziati commerciali, e l’Italia deve restare profondamente integrata in questo sistema, dal momento che i singoli Stati nazionali non hanno la forza negoziale sufficiente a concludere accordi bilaterali equilibrati e vantaggiosi. Il periodo di sperimentazione del trattato di libero scambio con il Canada (CETA) ha dimostrato gli enormi vantaggi che questo tipo di accordi può offrire alle nostre imprese.
#CapovolgiLaCartina: verso il Mezzogiorno e il Mediterraneo
Ancora oggi siamo abituati a guardare all’Africa con gli occhi di alcuni decenni fa.
Eppure, oggi molte parti del continente stanno conoscendo livelli di crescita economica mai sperimentati in precedenza e questo sta cambiando radicalmente le abitudini e gli stili di vita che si stanno progressivamente adeguando a standard più ricchi ed esigenti, mentre è previsto il raddoppio della popolazione. Bisogna capovolgere la cartina europea. Il sud Italia non è il fanalino di coda ma il punto più alto dell’Europa. Questo vuol dire che bisogna guardare all’Africa in una prospettiva di cooperazione per una crescita economica reciproca, dell’Africa e dell’Europa. Il Mediterraneo è l’area nella quale l’Italia e il suo Mezzogiorno, attraverso un’indispensabile opera di adeguamento infrastrutturale e tecnologico, possono svolgere un ruolo essenziale di ponte per gli scambi e gli investimenti tra il continente europeo e quello africano, in forte espansione economica e demografica. Un’opportunità per l’economia africana ma anche per le nostre imprese paragonabile allo sviluppo asiatico e che l’Europa non può e non deve ignorare, per il bene di tutti.
Istituzione dell’Area Mediterranea di libero scambio
Sosteniamo l’opportunità di istituire un’area di libero scambio tra Europa e Africa che permetta all’Europa di affiancare e superare la Cina come partner economico privilegiato dell’Africa in un quadro di regole certe e condivise che prevengano la concorrenza sleale e anzi sostengano la crescita e lo sviluppo. A questo scopo vogliamo l’istituzione di un Commissario Europeo con una delega specifica per il Mediterraneo. Questo richiede massicci investimenti in infrastrutture fisiche, digitali e socio-culturali finanziate attraverso un migliore uso dei fondi europei, ma anche con un impegno di risorse nazionali da tempo destinate ad altre spese, spesso improduttive. Solo così si trasformerebbe il sud da “terra del reddito di cittadinanza”, a “terra della cittadinanza del reddito”.