La maggioranza del Consiglio comunale di Verona dice «sì» al referendum per l’autodeterminazione del Veneto, dice «no» alla revoca della mozione 336 del 1995 che respingeva le direttive europee sui diritti dei gay e, alla fine, fa mancare il numero legale alla mozione di solidarietà al ministro all’Integrazione Cécile Kyenge per gli insulti da parte di alcuni esponenti politici. È questa la sintesi dell’animato dibattito a Palazzo Barbieri. Una pagina politica cittadina che, comunque la si voglia leggere, non contribuirà certo a togliere a Verona la nomea di città razzista e omofoba. Il confronto tra maggioranza e minoranza, soprattutto per quanto riguarda i diritti delle coppie gay è stato serrato anche se, come hanno ammesso Michele Bertucco, capogruppo del Pd, e Mauro De Robertis (Sel, autore della mozione), i toni sono stati «più civili di quelli usati nel 1995». Ma quella «macchia», come l’ha definita De Robertis non è ancora stata lavata. E il «torto fatto con l’introduzione di giudizi omofobi nella mozione del 1995» non è ancora stato riparato. Il punto di divisione, lo ha chiarito Ciro Maschio (capogruppo Lista Tosi), è «l’accogliemento da parte del Consiglio di tutte le direttive del Parlamento perché alcune non le riteniamo condivisibili». Come ad esempio, ha specificato Donatella Bovo (Lista Tosi), «la possibilità di adozione da parte delle coppie gay». Più estreme invece le posizioni di Alberto Zelger e Vittorio Di Dio (Lista Tosi) entrambi contestati (e anche insultati) da alcuni esponenti del Circolo Pink presenti in balconata. Il primo ha ribadito il concetto di «famiglia naturale» e ha sottolineato come in Italia non vi sia «alcuna discriminazione nei confronti degli omosessuali che, infatti, occupano posti di potere», ma che semmai vi sia un «massacro mediatico di chi rivendica la propria eterosessualità». Di Dio, invece, ha bollato come «irricevibile e strumentale» la mozione mentre l’unico della maggioranza a votare favorevole, appellandosi alla libertà personale, è stato Giorgio Pasetto (Lista Tosi). A nulla sono serviti gli appelli per un accordo su una mozione unitaria da parte del sindaco Flavio Tosi che, ammettendo la personale vicinanza di pensiero a quanto espresso dalla Bovo, ha giudicato «poco laica» la mozione del 1995, assolvendola però dall’accusa di essere omofoba. Anche le richieste di Salvatore Papadia (Lista Tosi) e del presidente Luca Zanotto a tornare in commissione per trovare un punto d’incontro, sono cadute nel vuoto. Approvato invece, con il voto contrario della minoranza e l’astensione di Papadia, l’ordine del giorno sul referendum per l’autodeterminazione del Veneto che il sindaco ha definito voler essere un «segnale d’allarme preciso alla politica romana che resta indifferente alle istanze della nostra regione». Cade invece il numero legale sulla mozione di Orietta Salemi (Pd) in solidarietà al ministro Kyenge: esce tutta la maggioranza tranne il sindaco, Papadia e Pavesi .
Giorgia Cozzolino