La rieducazione dei pazienti operati di ricostruzione del LCA rappresenta senza dubbio uno dei più vasti capitoli della rieducazione sportiva.
Per comprendere le esigenze che sorgono in seguito ai diversi interventi, si possono formulare alcune considerazioni:
Il legamento crociato anteriore (LCA) è una struttura stabilizzatrice primaria per il ginocchio. In virtù della presenza di recettori propriocettivi e nocicettivi rappresenta una struttura attiva.
Le strutture muscolari che intervengono a dare stabilità al ginocchio devono interagire con estrema precisione ed armonia.
Diverse sono le metodiche disponibili per la ricostruzione del LCA e da ciò derivano le differenti metodiche rieducative, che devono in ogni caso fare riferimento alla tenuta dei mezzi di fissazione dell’impianto del neo-legamento, alla guarigione biologica del sito donatore ed alle condizioni cliniche del paziente.
Il trattamento rieducativo trova la sua più profonda motivazione nel fatto che non è sufficiente dare stabilità, ma è necessario recuperare completamente la funzione.
Fino agli inizi degli anni ’80 il trattamento post-chirurgico era iperprotettivo e caratterizzato da un lungo periodo di immobilizzazione in gesso.
Tale trattamento cercava di limitare le sollecitazioni al neo-legamento. E’ infatti noto come il tendine, dopo il trapianto, vada incontro in determinati periodi a fenomeni di adattamento e rimaneggiamento che ne modificano le caratteristiche funzionali. Tuttavia, la constatazione che l’immobilità porta a complicanze di vario genere, quali la rigidità articolare soprattutto in estensione, ha spinto i chirurghi a considerare metodiche rieducative più efficaci, forti anche dei notevoli progressi della tecnica operatoria.
Verso la fine degli anni ‘80 iniziò la ricerca di un processo rieducativo sempre più rapido, e in tal senso una svolta importante fu apportata nel 1990 dal lavoro presentato da Shelbourne e Nitz .
Essi proposero un protocollo rieducativo decisamente accelerato dove già dalla prima giornata post-operatoria al soggetto veniva concesso il carico e l’estensione completa, si prevedeva il ritorno all’attività sportiva nel giro di 4-6 mesi: evidentemente, una notevole differenza rispetto ai 9-12 mesi tradizionali.
Una rieducazione così accelerata suscitò però da parte di alcuni autori qualche dubbio. In alcuni casi si riscontrò che, a seguito di un precoce sovraccarico, il trapianto poteva risentire negativamente quanto a stabilità e tenuta, inoltre da osservazioni artroscopiche e da analisi attraverso risonanza magnetica si evidenziò un ritardo di maturazione del collagene del neo-legamento.
Successivamente progredì un impetuoso sviluppo di nuove tecniche di fissazione degli impianti. Il miglioramento di queste metodiche favorì un nuovo interesse per l’utilizzo dei tendini della zampa d’oca (ST e GR), che erano stati abbandonati a favore del TR, ritenuti precedentemente un ottimo sostituto del LCA, ma che avevano subito la penalizzazione di fissazioni non sempre efficaci.
La conoscenza degli effetti del pre-tensionamento sul neo LCA creò inoltre la possibilità di impianti sempre più rigidi, che rendono attualmente i tendini del ST e GR una prima scelta nel trattamento dell’instabilità anteriore, al pari delle tecniche che prevedono l’utilizzo del tendine rotuleo (TR).
La riabilitazione del LCA è basata su presupposti di carattere istologico, biomeccanico e funzionale.
I processi di integrazione del trapianto nel tunnel all’interfaccia osso-osso (TR) sono già avanzati dopo la quarta settimana; l’integrazione tendine-osso (ST e GR) si completa prevalentemente dal sessantesimo al novantesimo giorno.
Ci sono perciò numerosi fattori che interagiscono per produrre un risultato ottimale dopo un’operazione chirurgica del ginocchio. La specificità degli esercizi rappresenta un fattore di importanza fondamentale.
Camminare, correre, tornare a fare sport.
Presso i nostri Centri sono stati rieducati per lesione del LCA migliaia di pazienti che nel corso degli anni hanno via via affrontato tecniche chirurgiche e protocolli riabilitativi in continua evoluzione. Alla luce di questa ampia casistica abbiamo individuato delle linee guida in base alle tre domande che il paziente rivolge sempre al suo rieducatore dopo l’intervento:
1) Quando riprenderò a camminare ?
2) Quando riprenderò a correre ?
3) Quando tornerò a fare sport ?
Abbiamo suddiviso il programma in 3 fasi che rispondono a queste precise funzioni da recuperare: camminare, correre, giocare a calcio.
FASE 1 – Primo mese
La prima fase inizia dopo l’intervento chirurgico e dura 3 – 4 settimane; ha come obiettivi la riduzione del gonfiore, il reclutamento attivo del quadricipite, il recupero dell’estensione completa, il raggiungimento dei primi 120° di flessione, l’inizio della deambulazione corretta. Il lavoro viene svolto in palestra ed in piscina e le sedute di trattamento prevedono: esercizi attivi per l’estensione e per la flessione, esercizi propedeutici al carico, esercizi di rinforzo muscolare ed eventualmente terapie fisiche strumentali.
FASE 2 – Secondo e terzo mese
La seconda fase, che dura dal 2à fino alla fine del 3° mese, ha come obiettivi il recupero dell’articolarità completa e della forza muscolare. Utilizziamo esercizi in acqua, esercizi propriocettivi effettuati su tavolette instabili per aumentare il controllo neuromotorio, specifici lavori di rinforzo di tutta la catena muscolare dell’arto inferiore.
Alla fine del 3° mese verifichiamo, con il TEST ISOCINETICO, il miglioramento della performance muscolare per indirizzare l’ équipe rieducativa verso un programma realmente adeguato alle condizioni muscolari del singolo paziente. Si possono verificare tre situazioni:
1 – il test evidenzia un deficit di forza compreso tra il 30% ed il 40%: si può iniziare la corsa sul tredmill;
2 – il test evidenzia un deficit di forza superiore al 40%: non si inizia la corsa;
3 – il test evidenzia un deficit di forza inferiore al 30%: si può iniziare la corsa anche sul campo.
FASE 3 - La terza fase si svolge fra la palestra di riabilitazione ed il campo sportivo e all’inizio del 4° mese si riprende a sciare. Ha come obiettivi il recupero completo della forza muscolare, il recupero delle capacità cardio-vascolari, la ripresa del gesto sportivo. Il programma sul campo prevede carichi di lavoro crescenti distinti per fasi e la ricerca della perfetta coordinazione neuromotoria anche in situazioni di stress. Un ultimo test isocinetico di controllo e la consegna di un programma di mantenimento da seguire dopo la dimissione, concludono la fase riabilitativa con la quale il paziente dovrebbe essere in grado di riprendere completamente le abitudini di vita e sportive che aveva prima dell’intervento.
Negli atleti di alto livello, la ricerca di tempi accelerati di recupero ci ha fatto ottenere risultati sorprendenti pur nel rispetto dei tempi biologici di guarigione. Il lavoro si avvale di doppie sedute quotidiane, inizialmente divise fra palestra e piscina, quindi fra palestra e campo, di controlli ravvicinati per l’inserimento di esercizi più complessi non appena se ne vede la possibilità.