febbraio 4, 2017

LA PROSTITUZIONE IN NUOVA ZELANDA

A sei anni dalla legalizzazione della prostituzione in Nuova Zelanda, l’esperimento sembra aver dato risultati largamente positivi.

Mentre sul finire del secolo scorso l’Europa invertiva sorprendentemente la marcia, e vedeva paesi “avanzati” come la Norvegia e la Svezia proibire di fatto il mercato del sesso, la Nuova Zelanda nel 2003 stupiva il mondo, equiparando l’attività delle case chiuse ad una qualunque altra attività commerciale, riconosciuta e regolamentata dallo stato fin nel minimo particolare.

Oggi la prostituta neozelandese è protetta da un contratto di lavoro alto 50 pagine, che specifica esattamente quali siano i suoi diritti, e quali siano gli obblighi nell’ambito della pratica professionale. Primi fra tutti l’obbligo per il cliente di utilizzare il preservativo in qualunque attività di tipo sessuale, l’imposizione di stretti controlli di tipo sanitario, e soprattutto il diritto della prostituta di rifiutare un cliente, se non le va, senza per questo dover subire minacce, ricatti o violenze di alcun tipo.

In fondo si tratta di un accordo commerciale come qualunque altro, per cui è evidente che ambedue i contraenti debbano essere d’accordo.

Ma soprattutto, da quando c’è stata questa innovazione, si è assistito in Nuova Zelanda al progressivo rinsecchimento dell’intero ramo di malavita che normalmente ruota attorno alla prostituzione.

Con la legalizzazione del mestiere invece non è più possibile ricattare una donna, obbligandola a prostituirsi per due lire, quando questa può guadagnare cifre superiori lavorando alla luce del sole, protetta dalla legge e dalle stesse istituzioni che una volta la perseguitavano.

A questo punto viene da domandarsi se per caso non ci sia un secondo fine dietro alla filosofia moralista e bacchettona, da noi molto diffusa, che sostiene di voler combattere la prostituzione “perchè è un vizio immorale, che si nutre dello sfruttamento degli esseri umani“, quando di fatto, rendendola illegale, crea proprio i presupposti per quello sfruttamento.

E visto che ci siamo, proviamo a spingerci ancora più in là, e domandiamoci se per caso lo stesso moralismo ipocrita e bacchettone che sostiene di voler combattere anche la droga “perché è immorale e rende schiava la nostra gioventù”, non la voglia tenere fuori legge proprio per mantenere i presupposti di quella schiavitù.

Anche perchè nel frattempo il traffico mondiale della droga è indispensabile ai servizi segreti di mezzo occidente per finanziare le loro sporche – ma costosissime – operazioni “sotto copertura”, mentre se legalizzi il mercato della droga i prezzi crollano, e finisce che con un quintale di oppio ti compri al massimo una pistola ad acqua.

Dovunque trovi il moralismo bacchettone, stranamente, trovi anche corruzione, crimine e furto del pubblico denaro, mentre con la “pericolosa liberalizzazione dei costumi” trovi solo il rispetto delle leggi e del fondamentale diritto dell’essere umano di fare quel cavolo che gli pare, senza dover più chiedere il permesso a nessuno.

dicembre 27, 2016

REGOLAMENTARE LA PROSTITUZIONE?

Da un lato, un crescente aumento di prostitute straniere, spesso illegali, costrette ad accettare condizioni di lavoro dannose per la loro e per la salute altrui; dall’altro una crescente presenza della criminalità organizzata nella gestione del business della prostituzione.

Da queste considerazioni si deve partire, dalla consapevolezza delle molteplici facce che oggi assume la prostituzione: da quella dell’emarginazione di persone tossicodipendenti, a quella coatta di cui sono vittime prevalentemente le donne straniere, alcune anche minorenni, alla prostituzione volontaria dei grandi alberghi e locali di divertimento. In mezzo vi è un’ampia fascia di situazioni che oscillano dalla costrizione alla libera scelta, dalla prostituzione nelle case alla prostituzione di strada, dalla prostituzione sicura e protetta alla prostituzione che mette a rischio salute e incolumità, dalla prostituzione femminile alla prostituzione maschile o di transessuali.

Sia la legge, sia il codice penale fingono di ignorare giuridicamente la prostituzione, ma di fatto ne consentono l’esistenza, determinando effetti in larga misura opposti a quelli che la stessa legge Merlin (1958) si proponeva e consentono l’esercizio della prostituzione in regime di apparente clandestinità, che però è divenuta di evidente aggressività, al punto da creare anche gravi problemi di ordine pubblico in certe aree urbane o extra-urbane.

Il fenomeno della prostituzione ora è molto cambiato e ha assunto i caratteri della tratta e dello sfruttamento di esseri umani, le donne coinvolte sono soprattutto extracomunitarie che arrivano in Italia con l’illusione di un lavoro e si ritrovano schiave.

Una regolamentazione in tal senso è necessaria perché non regolamentare o peggio, proibire, produrrebbe solo una sostanziale indifferenziazione tra libere scelte di autodeterminazione e prostituzione coatta, sfruttata e gestita dalle organizzazioni criminali di tutto il mondo che nel nostro Paese gestiscono la tratta delle donne, soprattutto mi-nori, sfruttandole, soggiogandole, sottoponendole a violenze indicibili attraverso l’impiego della minaccia. Scegliere di non af-frontare questo problema significherebbe solo favorire indirettamente la malavita e sarebbe anche un indirizzo contrario rispetto alla strada indicata dall’Unione europea, considerando che il Parlamento europeo, nel mese di maggio 2013, riunito in seduta plenaria a Strasburgo, ha approvato una risoluzione sulla lotta al crimine organizzato.

Per quanto riguarda i clienti si va da persone sole, che trovano nella prostituta un punto di appoggio, a persone che espri-mono così il loro disagio di relazionarsi con altri, a persone che, invece, trovano nella prostituzione il modo di vivere più liberamente la propria sessualità.

Nella storia sociale della prostituzione si sono succeduti e intrecciati quattro modi di regolarla basati su altrettanti modelli: quello proibizionista, quello regolamentarista, quello abolizionista e quello neo-regolamentarista.

A) Il sistema proibizionista.

 Esso consiste nel vietare la prostituzione, sia per ragioni di tutela della morale pubblica, sia per ragioni di prospettiva ideale, volta all’eliminazione del sesso a pagamento ritenuto lesivo della qualità dei rapporti umani e della dignità della persona che si prostituisce, declinata storicamente al femminile. È il caso dei regimi una volta vigenti negli ex-Paesi comunisti e attualmente in alcuni Stati degli Stati Uniti d’America, nonché della recente scelta operata dalla Svezia che ha messo al centro la tutela della dignità femminile e la salvaguardia del corpo femminile dalla violenza maschile esercitata attraverso il denaro.

Tale sistema introduce infatti, la punizione del cliente attribuendo così allo Stato la funzione eticopedagogica di sanzionare un comportamento sessuale maschile. È questa una posizione che rappresenta una novità, poiché storicamente il proibizionismo ha sempre sancito il comportamento della prostituta, in quanto comportamento sessuale femminile fuori del matrimonio.

B) Il sistema regolamentarista.

È il sistema alternativo alla criminalizzazione. Tuttavia questa definizione è estremamente ampia e va dalla «statalizzazione dei bordelli» alla regolamentazione giuridica ed economica da parte dello Stato dell’esercizio della prostituzione come avviene oggi in Olanda. La legalizzazione spesso include l’imposizione di tasse e di restrizioni per l’esercizio della prostituzione in luoghi e in zone particolari. In molti sistemi che consentono l’esercizio della prostituzione le leggi in vigore regolamentano anche la vita delle prostitute prescrivendo controlli sanitari e luoghi di residenza. Era il caso dell’Italia prima della legge Merlin. Nei sistemi regolamentaristi classici è sempre previsto il controllo sanitario obbligatorio della persona che si prostituisce come misura, rivelatasi poi puntualmente inefficace, di contenimento delle malattie veneree, in particolare della sifilide.

C) Il sistema abolizionista.

Il fine ultimo di tale sistema è l’abolizione della prostituzione come attività che sfrutta e mortifica la dignità della persona che si prostituisce. Storicamente il sistema abolizionista non consente allo Stato di gestire direttamente i comportamenti relativi all’esercizio della prostituzione in quanto, pur abolendo la disciplina legale delle case di tolleranza, non arriva tuttavia alla proibizione di tali comportamenti.

D) Il sistema neoregolamentarista.

 Questo sistema comporta la rimozione di qualunque legge che penalizzi l’attività sessuale consensuale tra adulti in un contesto commerciale. La Commissione delle donne del Parlamento europeo già nel 1990 chiedeva agli Stati membri di decriminalizzare la prostituzione a tutela della salute e della sicurezza delle prostitute, sottolineando che la condizione di semiillegalità nella quale generalmente operano incoraggia gli abusi come la prostituzione per costrizione, in condizioni di lavoro degradanti, i maltrattamenti e altri delitti. I movimenti per i diritti delle prostitute chiedono la decriminalizzazione di qualunque aspetto della prostituzione che interferisce con le loro libertà di movimento e di associazione. Tali movimenti considerano, inoltre, che tutte le leggi contro lo sfruttamento della prostituzione danneggiano i familiari conviventi delle donne che si prostituiscono, e che queste leggi impediscono alle prostitute di organizzarsi e lavorare insieme per proteggersi reciprocamente.

Un argomento così difficile e drammatico non può certo rimanere confinato a toni e argomenti da bar dello sport! Va affrontato seriamente nelle Istituzioni chiamate a risolvere questo problema. Tenendo presente quale è il vero problema della moderna prostituzione: la riduzione in schiavitù o nelle tante forme di sfruttamento.

È da dire che la prostituzione in sé, come mercificazione del proprio corpo e della propria sessualità, e per i fattori (economici, oltre che di natura sociale, culturale e psicologica) che la determinano, costituisce una limitazione al pieno ed equilibrato sviluppo della persona. Perciò una legislazione sulla prostituzione deve muovere dall’articolo 3 della Costitu-zione, che obbliga a favorire tutti gli interventi per rimuovere gli ostacoli economici e sociali, che condizionano, di fatto, la libera e responsabile autodeterminazione della persona anche nella sfera della sua sessualità.

dicembre 2, 2016

Verona SI Muove

LIBERALI

Siamo per la tutela dei diritti civili e per le libertà individuali;

Siamo per il liberalismo economico e per la valorizzazione delle professionalità;

Siamo per l’introduzione del testamento biologico nel Comune di Verona;

Siamo per una maggiore trasparenza nella gestione delle aziende partecipate del Comune di Verona;

ECOLOGISTI

Siamo per l’implementazione del trasporto pubblico urbano e per l’incremento della ciclabilità cittadina attraverso la realizzazione di nuove piste ciclabili e ciclopedonabili;

Siamo per la realizzazione del filobus elettrico;

Siamo per la realizzazione del traforo delle torricelle;

SPORTIVI

Siamo per la promozione di corretti stili di vita basati sull’attività fisica e su una corretta alimentazione;

Siamo per la realizzazione di un “Piano Marshall” per l’impiantistica sportiva veronese;

Siamo per una incentivazione dell’attività sportiva per tutti.

 

dicembre 1, 2016

REFERENDUM E RIFORMA COSTITUZIONALE – Il Libro

Il principio democratico di semplificazione nella riforma della Costituzione

«Se si ha cura e amore per la democrazia, per le sue regole, per il buon funzionamento delle sue istituzioni, occorre ammettere che è necessario prodigarsi per una manutenzione costante di esse, per individuare i cambiamenti utili ad equilibri più efficienti e più avanzati, nel fondamentale presupposto che, tra le molte definizioni, per democrazia si debba intendere un sistema di regole che garantisca “il massimo di partecipazione, il massimo di decisione”». L’Autore

prof. avv. Pierluigi Mantini

Politecnico di Milano

novembre 1, 2016

TUTTO QUELLO CHE SAI SUGLI IMMIGRATI E’ VERO?

PICCOLO PRONTUARIO PER UN RACCONTO SULL’IMMIGRAZIONE

http://www.radicali.it/primopiano/20160723/immigrazione-proposte-radicali

SIAMO DI FRONTE A UN’INVASIONE DI EXTRACOMUNITARI! 

Affermazione non vera!

Nell’Unione Europea, su oltre 500 milioni di residenti di ogni età nel 2015, solo il 7% è costituito da immigrati (35 milioni), mentre gli autoctoni sono la stragrande maggioranza (93%, pari a 473 milioni).

La quota di stranieri varia notevolmente trai paesi europei:

Spagna 10%

Germania 9%

Regno Unito 8%

Italia 8%

Francia 7%.

 

NON C’E’ LAVORO NEANCHE PER GLI ITALIANI, NON POSSIAMO ACCOGLIERE GLI IMMIGRATI!

Affermazione non vera!

Per mantenere sostanzialmente inalterata la popolazione italiana dei 15-64enni nel prossimo decennio, visto che tra il 2015 e il 2025 gli italiani diminuiranno di 1,8 milioni, è invece necessario un aumento degli immigrati di circa 1,6 milioni di persone. Si tratta di un fabbisogno indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa causata dalla diminuzione delle nascite, per salvaguardare l’attuale forza lavoro, per garantire l’attuale capacità produttiva del Paese e per rendere sostenibile il sistema previdenziale.

 GLI IMMIGRATI CI RUBANO IL LAVORO!

Affermazione non vera!

In Italia gli immigrati hanno quasi sempre controbilanciato la flessione del numero degli italiani e la modesta crescita complessiva della popolazione negli ultimi 10 anni (+4%) è stata resa possibile quasi esclusivamente dall’aumento del loro numero.

Agli immigrati sono riservati solo i lavori non qualificati, in gran parte rifiutati dagli italiani. Gli stranieri non riducono l’occupazione degli italiani, ma occupano progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli autoctoni, soprattutto nei servizi alla persona, nelle costruzioni e in agricoltura (settori in cui il lavoro è prevalentemente manuale, più pesante, con remunerazioni modeste e con contratti non stabili.

 

GLI IMMIGRATI CI TOLGONO RISOLSE PER IL WELFARE!

Affermazione non vera!

I costi complessivi dell’immigrazione, tra welfare e settore sicurezza, sono inferiori al 2% della spesa pubblica.

Gli stranieri sono soprattutto contribuenti, infatti nel 2014 i loro contributi previdenziali hanno raggiunto quota 11miliardi, che equivalgono a 640mila pensioni italiane.

 

I RIFUGIATI IN EUROPA SONO TROPPI!

Affermazione  non vera!

Dei 16 milioni complessivi solo 1,3 milioni sono in Europa (8,3%), in Italia 118mila (0.7%).

I paesi che ospitano il maggior numero di rifugiati sono nel 2015:

Turchia 2,5milioni

Pakistan 1,6milioni

Libano 1,1 milioni

Giordania 664mila.

Gli arrivi complessivi per mare in Italia sono stati 170mila nel 2014, 154mila nel 2015 e nel 2016 sono stimati 160.000 circa.

 I RIFUGIATI SONO OSPITATI NEGLI ALBERGHI A 4 STELLE!

Affermazione non vera!

I centri di accoglienza straordinaria (CAS) sono strutture temporanee cui il Ministero dell’interno ha fatto ricorso, a partire dal 2014. Le prefetture insieme alle regioni e agli enti locali, cercano ulteriori posti di accoglienza nei singoli territori regionali e quando non li trovano si rivolgono anche a strutture alberghiere o di altra natura.

Si tratta di una gestione straordinaria ed emergenziale improvvisata e spesso non conforme agli standard minimi di accoglienza.

 

I MIGRANTI PRENDONO 35 EURO AL GIORNO!

Affermazione non vera!

Il costo medio per l’accoglienza di un richiedente asilo (rifugiato) è di 35 euro al giorno (45 per un minore) che non finiscono in tasca ai migranti, ma vengono erogati agli enti gestori dei centri di accoglienza; solo 2,5 euro al giorno vanno in tasca

settembre 26, 2016

COLTIVARE 2 PIANTINE DI CANNABIS NON E’ REATO

http://www.veronasera.it/politica/legalizzazione-cannabis-raccolta-firme-giorgio-pasetto-proteste-popolo-famiglia-comune-25-settembre-2016-.html

La coltivazione di due sole piante di canapa indiana (cannabis) non è reato: il fatto non sussiste poiché privo della necessaria offensività.  È questa la svolta giurisprudenziale in tema di coltivazione di stupefacenti che ha proposto la sesta sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 5254/2016. La produzione “a uso domestico” di sole due piantine non è in concreto una condotta offensiva essendo caratterizzata da una tale levità da essere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcuna ulteriore diffusione della sostanza.

http://www.tutelalegalestupefacenti.it/cassazione-sent-52542016-coltivazione-principio-di-offensivita-in-concreto-art-131-bis-c-p-destinazione-uso-personale-accoglimento/