agosto 12, 2012

10 Proposte per rilanciare l’Italia

 

1) Ridurre l’ammontare del debito pubblico. è possibile scendere rapidamente sotto la soglia simbolica del 100% del PIL anche attraverso alienazioni del patrimonio pubblico, composto sia da immobili non vincolati sia da imprese o quote di esse.
2) Ridurre la spesa pubblica di almeno 6 punti percentuali del PIL nell’arco di 5 anni. La spending review deve costituire il primo passo di un ripensamento complessivo della spesa, a partire dai costi della casta politico-burocratica e dai sussidi alle imprese (inclusi gli organi di informazione). Ripensare in modo organico le grandi voci di spesa, quali sanità e istruzione, introducendo meccanismi competitivi all’interno di quei settori. Riformare il sistema pensionistico per garantire vera equità inter—e intra—generazionale.
3) Ridurre la pressione fiscale complessiva di almeno 5 punti in 5 anni, dando la priorità alla riduzione delle imposte sul reddito da lavoro e d’impresa. Semplificare il sistema tributario e combattere l’evasione fiscale destinando il gettito alla riduzione delle imposte.
4) Liberalizzare rapidamente i settori ancora non pienamente concorrenziali quali, a titolo di esempio: trasporti, energia, poste, telecomunicazioni, servizi professionali e banche (inclusi gli assetti proprietari). Privatizzare le imprese pubbliche con modalità e obiettivi pro-concorrenziali nei rispettivi settori. Inserire nella Costituzione il principio della concorrenza come metodo di funzionamento del sistema economico, contro privilegi e monopoli d’ogni sorta. Privatizzare la RAI, abolire canone e tetto pubblicitario, eliminare il duopolio imperfetto su cui il settore si regge favorendo la concorrenza. Affidare i servizi pubblici, incluso quello radiotelevisivo, tramite gara fra imprese concorrenti.
5) Sostenere i livelli di reddito di chi momentaneamente perde il lavoro anziché tutelare il posto di lavoro esistente o le imprese inefficienti. Tutti i lavoratori, indipendentemente dalla dimensione dell’impresa in cui lavoravano, devono godere di un sussidio di disoccupazione e di strumenti di formazione che permettano e incentivino la ricerca di un nuovo posto di lavoro quando necessario, scoraggiando altresì la cultura della dipendenza dallo Stato. Il pubblico impiego deve essere governato dalle stesse norme che sovrintendono al lavoro privato introducendo maggiore flessibilità sia del rapporto di lavoro che in costanza del rapporto di lavoro.
6) Adottare immediatamente una legislazione organica sui conflitti d’interesse. Imporre effettiva trasparenza e pubblica verificabilità dei redditi, patrimoni e interessi economici di tutti i funzionari pubblici e di tutte le cariche elettive. Instaurare meccanismi premianti per chi denuncia reati di corruzione. Vanno allontanati dalla gestione di enti pubblici e di imprese quotate gli amministratori che hanno subito condanne penali per reati economici o corruttivi.
7) Far funzionare la giustizia. Riformare il codice di procedura e la carriera dei magistrati, con netta distinzione dei percorsi e avanzamento basato sulla performance; no agli avanzamenti di carriera dovuti alla sola anzianità. Introdurre e sviluppare forme di specializzazione che siano in grado di far crescere l’efficienza e la prevedibilità delle decisioni. Difendere l’indipendenza di tutta la magistratura, sia inquirente che giudicante. Assicurare la terzietà dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati. Gestione professionale dei tribunali generalizzando i modelli adottati in alcuni di essi. Assicurare la certezza della pena da scontare in un sistema carcerario umanizzato.
8) Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne, oggi in gran parte esclusi dal mercato del lavoro e dagli ambiti più rilevanti del potere economico e politico. Non esiste una singola misura in grado di farci raggiungere questo obiettivo; occorre agire per eliminare il dualismo occupazionale, scoraggiare la discriminazione di età e sesso nel mondo del lavoro, offrire strumenti di assicurazione contro la disoccupazione, facilitare la creazione di nuove imprese, permettere effettiva mobilità meritocratica in ogni settore dell’economia e della società e, finalmente, rifondare il sistema educativo.
9) Ridare alla scuola e all’università il ruolo, perso da tempo, di volani dell’emancipazione socio-economica delle nuove generazioni. Non si tratta di spendere di meno, occorre anzi trovare le risorse per spendere di più in educazione e ricerca. Però, prima di aggiungere benzina nel motore di una macchina che non funziona, occorre farla funzionare bene. Questo significa spendere meglio e più efficacemente le risorse già disponibili. Vanno pertanto introdotti cambiamenti sistemici: la concorrenza fra istituzioni scolastiche e la selezione meritocratica di docenti e studenti devono trasformarsi nelle linee guida di un rinnovato sistema educativo.Va abolito il valore legale del titolo di studio.
10) Introdurre il vero federalismo con l’attribuzione di ruoli chiari e coerenti ai diversi livelli di governo. Un federalismo che assicuri ampia autonomia sia di spesa che di entrata agli enti locali rilevanti ma che, al tempo stesso, punisca in modo severo gli amministratori di quegli enti che non mantengono il pareggio di bilancio rendendoli responsabili, di fronte ai propri elettori, delle scelte compiute. Totale trasparenza dei bilanci delle pubbliche amministrazioni e delle società partecipate da enti pubblici con l’obbligo della loro pubblicazione sui rispettivi siti Internet. La stessa “questione meridionale” va affrontata in questo contesto, abbandonando la dannosa e fallimentare politica di sussidi seguita nell’ultimo mezzo secolo.
I promotori:
Michele Boldrin, Sandro Brusco, Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Andrea Moro, Carlo Stagnaro, Luigi Zingales
agosto 9, 2012

Il DOPING

Il caso Schwazer e gli articoli di oggi sul giornale l’Arena di Verona, mi hanno motivato a fare alcune riflessioni relative al fenomeno doping. Il doping è oggi proibito, ma è alla luce di tutti che è talmente diffuso che la proibizione e l’anti-doping sono armi insufficienti.  I calciatori corrono come dei “disperati” anche a fine partita, i ciclisti sembrano delle motociclette, i tennisti colpiscono innumerevoli palle per ore a grandi intensità; il tutto non è frutto solo dell’allenamento!

La mia prima considerazione che faccio da liberale antiproibizionista è che il “proibizionismo” non ha funzionato. Oggi lo sport vive di complessi rapporti con la società, la politica e la comunicazione. Il tentativo di alterare le proprie prestazioni fisiche con pratiche farmacologiche è comunque antico; solo per restare allo sport moderno, nelle gare di resistenza l’assunzione di eccitanti con lo scopo di ridurre il dolore muscolare per prolungare gli sforzi erano già molto utilizzati in passato. Se ne parla per la maratona e il ciclismo alle Olimpiadi di Saint Louis nel 1904. Per decenni non vi furono precisi sistemi di regolamentazione e divieto, se non nelle singole competizioni. Il tentativo di migliorare le proprie prestazioni con qualunque pratica e sistema veniva percepito come possibile, anche se non del tutto “legittimo” per ragioni più che altro di mera sportività e del resto ancora nel 1952 Fausto Coppi poteva dichiarare candidamente in un’intervista come l’uso della “bomba” fosse comune in tutto il gruppo di ciclisti; del resto proprio nel ciclismo, sport che per le sue specifiche caratteristiche bene si addice alle pratiche di doping, i primi tentativi di limitare il fenomeno si ebbero dopo la tragedia di Tom Simpson, morto per una “overdose” in una drammatica tappa alpina del Tour de France nel1967 e avevano essenzialmente lo scopo di tutelare la salute degli atleti, più che di garantirne la lealtà dei risultati.

La morte di Simpson rappresentò uno spartiacque, per l’impossibilità di continuare nella sostanziale sottovalutazione del pericolo dell’assunzione indiscriminata di sostanze che interagivano con la fisiologia dell’organismo e nascondevano i segnali del raggiungimento dei limiti di resistenza. La “cortina del silenzio” rimane però sempre presente a tutelare gli interessi economici dello sport. Nel corso della guerra fredda lo sport, soprattutto quello olimpico, diventa terreno di confronto tra le superpotenze (Russia e Stati Uniti). In questo clima si istituì un sistema rigoroso e scientifico di “doping di stato”, che pur con profonde differenze, ha influenzato tutto lo sport contemporaneo. Da questo punto di vista non appare casuale che il primo grande scandalo doping alla fine della guerra fredda, quando le pressioni delle grandi istituzioni sportive su base nazionale iniziavano a lasciare maggiore libertà ai centri di controllo della corretta pratica sportiva, riguardasse Ben Johnson, appartenente a una federazione debole come quella canadese, “colpevole” di essere rivale del ben più protetto Carl Lewis. Nel 1988 Ben Johnson vide la sua carriera sostanzialmente distrutta dai provvedimenti presi per il doping.

Fu soprattutto a partire da questo momento che si impose definitivamente, la tendenza a guardare l’assunzione di sostanze dopanti come un attentato alla lealtà sportiva, dopo che per anni pratiche di quel tipo erano guardate dagli staff medici delle federazioni con la stessa attenzione e con lo stesso atteggiamento, con cui si guardavano l’allenamento in altura. Il caso Johnson è anche il primo esempio, almeno a livello così eclatante (riguardava gare olimpiche e mondiali e coinvolgeva l’autore di un record del mondo spettacolare, 9.79, poi imbattutto per circa 20 anni) di colpa ritenuta individuale. L’atleta “beccato” con i valori sbagliati, viene additato da tutto il mondo che lo circonda come il traditore, il colpevole, ma nei fatti è il “capro espiatorio” perché l’intero sistema di accesso e impiego delle sostanze continui ad avvenire secondo criteri e strutture ben organizzate.

I media, che ormai costantemente mettono al centro dell’attenzione il mondo sportivo, trovano nel singolo colpevole l’obiettivo contro cui scagliarsi per ricostruire la loro “verginità” e quella di un ambiente di cui anche essi fanno parte e la cui delegittimazione avrebbe costi economici, sociali e politici enormi (Ricordo il caso Zeman e il processo alla Juventus con la grande quantità di farmaci trovati negli spogliatoi della squadra).

Di questa colpevolizzazione dell’individuo per salvare il sistema, abbiamo varie testimonianze. Il “cattivo ragazzo” diventa un bersaglio fin troppo facile, ma purtroppo così sensibile da rimanere schiacciato da non riprendersi più. Abbiamo tutti in mente casi estremamente diversi tra loro, ma ben scolpiti nella memoria quello del 1994 (Maradona) e del 1999 (Pantani).

Sentire Schwazer definire il proprio medico come preparatore atletico è a mio avviso un vero paradosso.

Purtroppo non ho la soluzione al problema doping, ma credo che sia sotto gli occhi di tutti che così non funziona, il doping è talmente diffuso che non ci accorciamo che negli sport dove girano importanti quantità di denaro, la sua pratica è diffusissima. Non capisco perché attorno agli atleti devono esserci così tanti medici; l’atleta sano non dovrebbe andare dal medico, solo l’atleta malato o con un problema dovrebbe recarsi dal medico!

agosto 7, 2012

EMERGENZA SIRIA

In Siria, oltre 20mila persone hanno perso la vita e 1 milione e mezzo sono state costrette ad abbandonare le proprie case da quando, nel marzo 2011, sono iniziati gli scontri tra i gruppi armati di opposizione e le forze governative. Nel mese di luglio l’escalation di violenza ha spinto la comunità internazionale a definire ufficialmente il conflitto siriano come guerra civile.
Si stima che oggi 2 milioni di siriani subiscano in prima persona le conseguenza della crisi. Da aprile ad agosto, il numero complessivo di rifugiati nei paesi confinanti è triplicato: quelli registrati in Libano, Giordania, Iraq e Turchia sono circa 130 mila, ma le persone che hanno cercato protezione fuori dalla Siria sono con ogni probabilità molte di più e la precarietà delle loro condizioni umanitarie trasforma ormai questa guerra in una crisi regionale.
Tra le conseguenze del conflitto anche una grave crisi alimentare, dovuta all’abbandono dei terreni ormai insicuri e al protrarsi della siccità. Secondo un rapporto realizzato da FAO, WFP e Ministero dell’Agricoltura siriano, almeno 3 milioni di persone sono a rischio di insicurezza alimentare. La metà circa necessita di aiuto urgente per i prossimi 3-6 mesi.

agosto 4, 2012

MEDICAL FITNESS – L’ Esercizio Fisico Prescritto per la tua Salute

Un’ ampia evidenza scientifica ha dimostrato che esiste un rapporto diretto tra la quantità di attività fisica praticata e lo stato di salute e qualità della vita delle persone.

In tal senso, il Ministero della Salute dichiara che “L’esercizio fisico e l’attività sportiva sono fondamentali per favorire il pieno sviluppo dell’organismo e per promuovere e mantenere uno stato di salute ottimale sia a breve che a lungo termine”. 

Una regolare ed appropriata attività fisica rappresenta quindi una fondamentale pratica di prevenzione, oltre che di cura per rallentare e allontanare l’insorgenza di condizioni fisiche e metaboliche indesiderate come l’ipertensione, il sovrappeso, la resistenza insulinica e valori elevati di colesterolo e trigliceridi  (che quando presenti insieme sono conosciute come “Sindrome Metabolica”).

Di fatto, questi fattori di rischio sono un pericoloso campanello d’allarme perché possono condurre a patologie invalidanti e fatali di tipo cardiovascolare (quali infarto o ictus), al diabete di tipo 2, possono aumentare il rischio di alcuni tipi di tumore, la fragilità muscolo-scheletrica ed accelerare il decadimento cognitivo.

Quando l’attività motoria viene programmata, condotta, valutata e monitorata da personale specializzato (dottori in scienze motorie), con proposte e metodologie basate su evidenze scientifiche, può essere considerata a tutti gli effetti una forma di terapia in grado di apportare significativi miglioramenti alla salute e quindi alla vita delle persone.

A CHI E’ RIVOLTO

Il Medical Fitness è un programma di esercizi fisici rivolti ai cittadini colpiti da alterazioni metaboliche e fisiologiche  (ipertensione, sovrappeso, valori di trigliceridi e colesterolo fuori norma) e patologie croniche diagnosticate (quali diabete, osteoporosi, obesità) ma in condizioni di salute stabili, che su indicazione del proprio medico curante necessitano di un aumento della pratica dell’ attività motoria nella propria vita.

L’insorgenza di tali patologie è spesso lenta e silente, e quindi vale il principio che prima si interviene e migliore sarà il percorso rieducativo verso la riconquista di uno stato di salute ottimale, tuttavia si ritiene che questo programma sia particolarmente adatto per le persone adulte a partire dai 40/45 anni, e ancor di più per le persone anziane che non presentano ancora una funzionalità motoria compromessa.

CONCLUSIONI

Il raggiungimento e il mantenimento di uno stato di salute e quindi di una qualità di vita ottimali dipendono in gran parte da fattori che possono e devono essere modificati mediante l’assunzione di Stili di Vita opportuni.

E’ responsabilità di ogni persona essere Pro Attiva nel ricercare questo equilibrio.

Iniziare (o riprendere) a praticare attività fisica adeguata e in modo regolare è il fattore più importante in questo processo di ricerca e mantenimento del proprio BEN-ESSERE fisico e mentale.

Dario Meneghini, Andrea Brunelli, Giorgio Pasetto – www.dmsa.it

 

agosto 1, 2012

CIAO ALDO

Ero ragazzino e andai con mio Papà e gli amici di Vicenza (Alberto e Franco) a vedere una partita allo stadio Menti.

Vicenza-Milan.

Nel Milan giocavano Rivera, Buriani, Albertosi, Capello, Maldera e altri grandi campioni.

Nel Vicenza ricordo Rossi, Filippi, Guidetti e altri giocatori fortissimi.

Ricordo intensamente e non dimenticherò mai, le scivolate sulla fascia laterale sinistra di Aldo Maldera.

Mi sembra ieri…. invece era il 1979.

agosto 1, 2012

IL “GOMITO DEL TENNISTA”

Il termine “gomito del tennista” o epicondilite del gomito si riferisce ad una sindrome dolorosa localizzata all’epicondilo laterale del gomito ed è secondaria all’insulto micro-traumatico dei tendini dei muscoli epicondiloidei che sono gli estensori del polso a livello della loro inserzione prossimale (tendinite “inserzionale”). E’ una patologia infiammatoria che, anche se abbastanza comune e spesso invalidante a causa della sintomatologia spesso modesta nelle fasi iniziali, è sottovalutata e giudicata come qualcosa di clinicamente banale. Al contrario, le difficoltà terapeutiche e la frequenza delle recidive richiedono una valutazione attenta e l’applicazione di misure preventive.

Le varie forme di epicondilite rientrano nella generica categoria delle patologie di origine meccanica sull’inserzione dei tendini. La causa scatenante può essere un singolo trauma o, più frequentemente, una serie ripetuta di micro-traumi. La presenza di fattori facilitanti sia interni che esterni deve essere presa in considerazione: ad esempio il sovraccarico funzionale, in particolare se associato ad una limitata estensibilità e/o capacità contrattile dei muscoli dell’avambraccio, è uno dei fattori più importanti. Allo stesso modo appare importante la predisposizione  individuale come fattore causale delle patologie dei tendini in generale e dell’epicondilite in particolare. Infatti, stessi fattori meccanici non producono quadri patologici uguali, in quanto per ogni individuo si modifica il substrato anatomico, bioumorale e metabolico, su cui agisce la causa patogena, determinando una differente reazione individuale e le relative manifestazioni cliniche.

I più importanti fattori esterni che possono causare l’epicondilite sono:

1) il livello di abilità tecnica: l’epicondilite è più frequente fra gli atleti di basso livello e tra i giocatori occasionali di tennis che fra i professionisti, anche se essi si allenano molte ore ogni giorno. È chiaro che il corretto movimento tecnico, sostenuto da un corretto equilibro dei muscoli agonisti ed antagonisti, riduce al minimo il rischio di danno dovuto allo stimolo funzionale.

2) L’uso di racchette con caratteristiche tecniche e strutturali non adeguate (ad esempio, una racchetta molto rigida) può condizionare la resistenza del tessuto muscolo tendineo allo stimolo funzionale.

3) Le dimensioni del manico della racchetta. E’ opportuno ricordare che se un manico di diametro ridotto permette un miglior controllo del gioco, il carico di forza sui muscoli dell’avambraccio, attraverso una costante contrazione isometrica, diventa un’ulteriore causa di sovraccarico.

4) Il modo di impugnarela racchetta. L’impugnatura condiziona i movimenti di flessione ed estensione del polso e, di conseguenza, determina il grado di sovraccarico funzionale applicato sui tendini che s’inseriscono a livello del gomito. Nel tennis ci sono tre stili differenti di impugnatura: continentale, occidentale ed orientale, quest’ultimo è quello maggiormente usato tra i professionisti.

5) La tensione delle corde, il materiale strutturale della racchetta, la qualità della pallina sono tutte cause che possono influenzare l’intensità dell’impatto durante il gioco. Le corde in budello, ad esempio, a differenza di quelle in materiale sintetico, sono capaci di assorbire la maggior parte delle vibrazioni causate dall’impatto della pallina sulla racchetta.

La fascia d’età più frequentemente colpita da questa patologia è quella dell’adulto definito “maturo”, cioè, uomini e donne fra 30 e 50 anni. Compare più frequentemente fra i dilettanti che fra i professionisti ed i semi-professionisti. È certamente la patologia più comune fra i giocatori di tennis, ma si può riscontrare anche nei giocatori di golf.

L’epicondilite è caratterizzata da dolore al gomito, che può irradiarsi ai muscoli dell’avambraccio ed aumentare durante l’estensione del polso e della mano. Nella fase iniziale il dolore compare solitamente durante il movimento tecnico o mentre si solleva un peso. Successivamente persino le azioni giornaliere ordinarie, come la stretta di mano, lo scrivere, l’apertura di uno sportello o il sollevare una bottiglia, possono causare dolore acuto e intenso a livello dell’inserzione osteotendinea epicondiloidea dei muscoli dell’avambraccio.

Obiettivamente, la pressione sull’epicondilo laterale causa un dolore acuto; anche le manovre di estensione contro resistenza del polso e del terzo dito della mano risvegliano il dolore.

TRATTAMENTO

Le onde d’urto rappresentano il trattamento elettivo dell’epicondilite.

E’ molto importante che, una volta cessato il dolore e verificato il recupero attivo, la ripresa della normale pratica sportiva avvenga in associazione ad un periodo idoneo e sufficiente di tonificazione muscolare, che dovrà consistere in esercitazioni di forza (contrazioni isometriche ed isotoniche che coinvolgano i muscoli dell’avambraccio) alternate ad esercizi di allungamento.

In questo modo saranno ridotti i rischi di recidive. Al contrario le recidive si avranno in particolare quando gli atleti, non avvertendo più dolore e ritenendosi erroneamente guariti, riprendono a giocare senza seguire le istruzioni preventive descritte in precedenza.

Grande attenzione deve essere prestata inoltre alle caratteristiche della racchetta ed all’esecuzione del gesto tecnico.